Scritto nel 1989 e tradotto per la prima volta in italiano nel 1991 (edizioni Theoria) poi ripreso da Einaudi (collana Stile libero – 1999), Zona di guerra è un romanzo oggi ancora più importante.
La storia di Tom e Jessie, fratello e sorella, anni ’80, Inghilterra tatcheriana, alle prese con ciò che si dice l’incesto, non è eccesso calcolato o iperbole garantita.
L’incesto qui non è proposto come ribellione, o sfacelo, o perversione acuta e straordinaria. No.
La figura dell’incesto è ben altro, di più e meglio: la prova del nove della condizione dell’immaginario delle generazioni post muro di Berlino.
Quale?
Che il muro sta per cadere, e tutti i sogni diventano realtà.
L’incesto, così, è lo spazio in cui non vi è differenza alcuna tra il reale e l’immaginario.
Come fu nel mito greco, che però ormai non c’è e non conta.
Lo spazio real-immaginario, allora, è lo spazio del femminile. Certo.
Il luogo in cui la vita e la morte, l’inizio e la fine, il bene e il male si fondono e si integrano in un al di qua del desiderio.
L’incesto è infatti niente più, o meno, che un bisogno, il bisogno per individuare il proprio luogo nel mondo.
Luogo mentale e naturale, quindi femminile.
Il mondo, cadendo il Muro, diventa tutto e solo spazio: l’incesto provvede a concentrare lo spazio in luogo.
Luogo senza desiderio, dove il bisogno si fa integralmente naturale secondo le leggi non classificabili della sessualità creatrice.
Questo, se si vuole, è lo sturbo.
Almeno per il giovane protagonista, Tom, che vive il proprio romanzo di formazione alla ricerca del nucleo filosofico inerente il comportamento incestuoso della sorella, Jessie.
Al di là di Tom, questo è certamente quello che accadrà dagli anni ’90 a seguire.
Anche nella nostra Italia, dove l’età berlusconiana, capitolo chiave ormai dei libri di Storia, sigilla lo spazio in cui reale e immaginario si fondono.
Il vezzeggiativo “papi”, quindi, era stato abbondantemente previsto da Alexander Stuart, nell’Inghilterra di Margareth Tatcher, in un romanzo formidabile e ancora vivissimo intitolato Zona di guerra.
La fusione tra reale e immaginario, oltre l’incesto, conduce infatti alla guerra, come il trip del capitano Willard e del colonnello Kurtz insegnano in Apocalypse Now di Coppola (ma già Kurtz, sin da Conrad, era imputabile di incesto nell’amplesso permanente con il cuore di tenebra della wilderness).
Da tutto ciò alle guerre contemporanee, non c’è che cambiare zona.
Un’altra, la stessa.