Richard Benson ci ha lasciato da poco più di un mese, ma la sua presenza è ancora qui tra noi. Forse perché sta per essere distribuito il suo disco postumo Processione, oppure perché ci sono notizie più o meno attendibili di riconoscimenti ufficiali, ma molto più probabilmente perché se ne sente il bisogno, tanta è l’impossibilità di comprendere che razza di creatura fosse il “signor Benson”, colui che più di chiunque altro è riuscito a mostrare quel bisogno naturale dell’essere umano di avere “qualcuno da odiare”. C’è un Benson “pre e post incidente dal ponte”: aggressivo, goliardico e sfacciato il primo, povero vecchietto bestemmiatore il secondo, ma in ogni sua forma Richard veniva disprezzato durante le sue esibizioni, dalle stesse persone che poi, alla fine, riconoscevano la sua grandezza e lo amavano proprio per quella “corazza di metallo” che gli permetteva di sopportare i peggiori maltrattamenti. Non ci interessa analizzare la sua carriera perché entreremmo in un campo minato in cui anche gli elementi della sua vita dati come certi, si mischiano con assurdità più o meno credibili ma non verificabili su internet (…e qui potremmo aprire un altro discorso su quanto la verità non esista più se le notizie, accadute realmente, non sono riportate su internet, ma non lo faremo…).
La sua dipartita ha aperto il vaso di Pandora rivelando agli occhi di tutti le dimensioni di un personaggio indecifrabile, spiazzante ed in un certo senso bisognoso di essere analizzato.
Volenti o nolenti, Richard Benson verrà ricordato per aver concepito uno spettacolo di “gogna autorizzata”. Perché Benson avrà anche fatto un bel disco prog con i Buon vecchio Charlie; avrà contribuito a far conoscere migliaia di album tramite i suoi programmi televisivi, ma ciò per cui verrà ricordato sarà quella “gogna” in cui anche la più pacifica delle persone veniva coinvolta in un rituale malefico dove un arrogante Benson aizzava la platea per farsi fustigare. E il pubblico lo puniva, tirandogli addosso qualsiasi cosa. Chi ha “vissuto” Richard Benson, sa che il suo significato è racchiuso nel personaggio, non nella sua musica, e sa anche che Richard era una persona amabile e cordiale.
Il fattore più interessante che si è delineato dopo la sua morte è quanto Richard Benson sia completamente inconciliabile con le maniere canoniche di “nobilitazione post-mortem” della società contemporanea. Perché come è possibile rendere onore un musicista che non viene ricordato per la sua musica? Benson era l’artefice di uno spettacolo violento e delirante, maleficamente affascinante e forse realizzabile solo in Italia (…o addirittura solo a Roma).
Ormai se ne è andato, lasciando, oltre ad un gusto “amaro in bocca”, anche un enorme interrogativo riguardo al senso della sua carriera: era questo che Benson voleva? Non avremo mai una risposta, ma l’idea che possa essere davvero così rende “Richard il performer” un’entità ancora più unica al mondo.