Italia 1960: boom economico, benessere finalmente raggiunto da chi ha vissuto i terribili anni della guerra e vuole dimenticarli. L’intenzione collettiva del paese è quella di “andare avanti”; il passato va celebrato ma, nella gran parte dei casi, non ricordato, in modo tale da poter “vivere meglio” e cogliere tutti i frutti più ghiotti che l’economica italiana sta offrendo.
Dino Risi ha fatto la guerra, perdendo affetti e vivendo anni di terrore; anche lui, come qualsiasi altro italiano degli anni sessanta, vuole sfruttare il benessere che la sua “patria” ha da offrirgli e realizza così nel 1965 un cosiddetto “film minore”: L’ombrellone. Un film “leggerissimo e sfuggente”, con protagonista Enrico Maria Salerno che, dalla quiete estiva di una città deserta, si butta nel carnaio di una Rimini in cui sua moglie, Sandra Milo, lo attende per la villeggiatura. Storie d’amore, di gelosie, di supposti tradimenti e di tanta allegria e spensieratezza che crea nell’opera una sorta di dimensione onirica: le stesse vicende hanno inizio e si concludo con il protagonista che dorme nella sua stanza, quasi a voler indicare che tutto il narrato sia un sogno.
Ne L’Ombrellone, l’Italia contadina non ne vuole più sapere del suo passato: vuole divertirsi, truccarsi, abbandonare lo squallore di una vita miserabile ormai lontana. E’ la meravigliosa Italia falsamente ingenua di quei tempi, quella dei “giovani Berlusconi” che all’epoca suonano sulle navi per i grandi imprenditori italiani. La canzone Sulla spiaggia c’era lei di Sonia e le sorelle è “il mantra della leggerezza” abilmente utilizzato da Risi come “elemento di disturbo” (Sulla sabbia c’era lei c’era lei, ma nell’acqua c’era lui che andava a pescare la felicità).
Risi dirige l’ennesimo capolavoro della sua carriera: un film unico nella sua filmografia, purtroppo bistrattato e considerato film minore, come lo stesso Marco Risi ammette nel suo splendido libro Forte respiro rapido.